1 Luglio 2020

La Riabilitazione Penale

Linee Guida per ottenere una rapida riabilitazione penale.

di Dott.ssa Daniela Centonze

Per cancellare gli effetti di una o più condanne penali, per chiudere i conti con il passato, è possibile richiedere la concessione del beneficio della riabilitazione penale, istituto disciplinato dagli artt. 178 e 179 c.p.

La riabilitazione, difatti, estinguendo le pene accessorie ed ogni altro effetto penale della condanna, comporta la cancellazione di quest’ultima dal certificato penale.

Il provvedimento concessorio ha natura costitutiva e non meramente dichiarativa, essendo affidato al Tribunale di Sorveglianza, competente ex art. 683 c.p.p., un compito valutativo di natura discrezionale e non di mera ricognizione dei presupposti tipici definiti dal legislatore (Cass. pen. Sez. I, n. 42066/2014)

Perché, quindi, chiedere la riabilitazione?

La riabilitazione consente di avere quella che, in gergo, viene definita la “fedina penale pulita”. Possedere un certificato penale nullo è prova del proprio definitivo allontanamento dal passato deviante, divenendo talvolta requisito indispensabile per assicurarsi un lavoro, accedere, ad esempio, a un concorso pubblico, per mantenere o acquisire il requisito di onorabilità dell’impresa ovvero per ottenere il porto d’armi.

Precondizione all’ammissibilità dell’istanza di riabilitazione.

L’istanza di riabilitazione può essere presentata una volta decorsi i seguenti termini dal giorno in cui la pena è stata eseguita o estinta:

  • 3 anni (termine ordinario);
  • 8 anni per i recidivi aggravati o reiterati;
  • 10 anni per i delinquenti qualificati.

Per il calcolo del dies a quo è necessaria, quindi, la compiuta esecuzione o estinzione della pena principale.

La pena si considera eseguita nel giorno in cui il condannato ha terminato l’espiazione della pena detentiva ovvero ha finito di scontare la pena in misura alternativa. È contestualmente necessario l’avvenuto pagamento della pena pecuniaria. Se la pena pecuniaria è congiunta alla pena detentiva è fondamentale che la prima sia stata interamente pagata poiché parte della pena principale applicata per il reato commesso.

Condizioni per l’ammissibilità

Il Tribunale di Sorveglianza sarà chiamato a verificare:

  • L’avvenuto pagamento delle spese di giustizia relative al processo che si è concluso con la sentenza di condanna oggetto dell’istanza, salvi i casi di condanna mediante decreto penale ovvero con sentenza di patteggiamento ex artt. 444 e 445 c.p.p. se la pena applicata non è superiore ai due anni.
  • L’avvenuto pagamento delle spese per il mantenimento in carcere, in caso di pena detentiva.

Condizioni essenziali per la concessione del beneficio

1. La concessione della riabilitazione presuppone che l’istante abbia dato prove effettive e costanti di buona condotta fino alla data in cui l’istanza viene vagliata. 

La buona condotta si sostanzia in “fatti positivi e costanti di ravvedimento” (Cass. Pen. Sez. I n.1507/2013) rilevabili attraverso le note informative delle FF.OO. territorialmente competenti, ma anche dal certificato dei carichi pendenti. Il giudice verificherà, quindi, che il soggetto richiedente abbia abbandonato in modo assoluto ogni rapporto illecito, che sia dedito ad un tenore di vita onesto e corretto e che si applichi assiduamente allo svolgimento di un’attività lavorativa.

2. Accanto al requisito della buona condotta, tuttavia, l’ordinamento impone che il condannato abbia altresì provveduto all’adempimento delle obbligazioni civili derivanti da reato.  Il condannato deve dar prova della propria emenda non solo attraverso la buona condotta, ma anche attraverso il risarcimento del danno e, pertanto, l’eliminazione delle conseguenze derivanti dal reato.

Sul punto si sottolinea che:

  • Non rileva il fatto che il danneggiato non richieda un risarcimento o una restituzione (Cass. Pen. sez. I n.23343/2015) o che, in sede processuale, non si sia costituito parte civile (Cass. Pen. sez. I n. 49447/2014).
  • Non rileva il fatto che l’azione civile sia prescritta.
  • L’onere di allegazione grava sull’interessato, il quale deve dar prova dell’avvenuto risarcimento o delle iniziative intraprese per contattare e ristorare adeguatamente la parte offesa. Occorre produrre una dichiarazione liberatoria della persona offesa accompagnata dalla copia del documento di identità di quest’ultima e dalla autentificazione del difensore.
  • È possibile procedere attraverso l’offerta reale, mediante le modalità stabilite dal c.c.
  • L’offerta di un somma manifestamente inferiore all’entità del danno cagionato non è idonea a rappresentare la volontà di ristoro, soprattutto se le condizioni economiche del condannato possano consentirgli di provvedere al risarcimento in modo adeguato (Cass. Pen. Sez. I n. 7752/2012).
  • L’impossibilità a risarcire il danneggiato non rintracciabile non libera l’interessato. Si potrà provvedere, infatti, alla donazione di una somma di denaro a favore di associazioni senza scopo di lucro che agiscono per la cura di interessi generali o specificamente ricompresi nella tipologia di quelli lesi dal reato oggetto della condanna per cui si chiede la riabilitazione.

Se la domanda di riabilitazione verrà rigettata nel merito, per difetto del requisito della buona condotta, non potrà essere riproposta prima del decorso del termine di 2 anni decorrenti dalla data della pronuncia del rigetto.


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