15 Marzo 2023

LOCAZIONE E CONDOMINIO (CON UNO SGUARDO ALLE C.D. AUTOGESTIONI)

Lezione tenuta dall’Avv. Piero Mongelli
al Corso per amministratori di condominio organizzato da ANACI Puglia 2023

Prima di affrontare le problematiche connesse alla gestione di un rapporto di locazione all’interno del condominio dobbiamo comprendere cosa definisce il rapporto di locazione.

Il contratto di locazione è, nella definizione datane dalla Treccani, un contratto bilaterale col quale una parte, che possiamo definire locatore, si obbliga nei confronti di un’altra, che possiamo definire locatario o conduttore, a far godere una cosa mobile o immobile per un dato tempo e dietro corrispettivo determinato.

Infatti, a mente dell’art. 1571 c.c. si può definire la locazione come il contratto col quale una parte si obbliga a far godere all’altra una cosa mobile o immobile per un dato tempo verso un determinato corrispettivo.

Alla luce della citata disciplina possiamo quindi definire il contratto di locazione:

  1. come un contratto consensuale avente natura obbligatoria, per cui la stipula del contratto non è legata necessariamente al concetto di proprietà del bene che ne è l’oggetto, per cui anche chi non è proprietario di uno specifico bene può assumere la figura di locatore del bene stesso.

L’esempio canonico che possiamo fare, da questo punto di vista, è il contratto di locazione sottoscritto dall’usufruttuario, ma possiamo avere anche ipotesi in cui la locazione sia sottoscritta da persone diverse sia dal proprietario che dall’usufruttuario che, semplicemente, hanno la disponibilità di un bene e sono in grado di porlo in godimento del locatario.

  • Come un contratto riferibile tanto a cose mobili che a cose immobili, per cui tale figura tipica di contratto può presentare varie caratteristiche giuridiche a seconda del bene che ne forma l’oggetto.

Infatti, il contratto di locazione può per esempio declinarsi in locazione finanziaria (leasing) se l’oggetto del rapporto giuridico è rappresentato dall’acquisto di un bene strumentale o al c.d. sale and lease back in cui l’oggetto del contratto è la vendita di un bene che però resta nel godimento del venditore che per tale godimento pagherà un canone e che può alla fine decidere se prolungare il godimento, riscattare il bene o rinunciarvi definitivamente.

Oppure declinarsi nel più classico contratto di locazione di immobili ad uso abitativo o non abitativo.

Tali tipologie di contratto sono naturalmente regolate da specifiche normative speciali che nella loro dimensione giuridica prevalgono sulla normativa generale, contenuta nel codice civile, che quindi assume un carattere, per l’appunto, generale la cui applicazione opera in quanto compatibile con le varie discipline speciali.

  • Come un contratto sinallagmatico, nel senso che alla prestazione del garantire il godimento di un bene deve corrispondere la controprestazione del pagamento di un corrispettivo, per cui potremmo anche definire il contratto di locazione come un contratto di tipo oneroso.

Con riferimento al contratto di locazione immobiliare, che poi è quello che interessa focalizzare in questo momento, oltre alla disciplina generale prevista dal codice civile trova diretta applicazione quella speciale contenuta nella L. 392/1978 per le locazioni di immobili adibiti ad uso non abitativo e la L. 431 del 1998 in tema di locazione di immobili per uso abitativo.

Con riferimento alla locazione di immobili adibiti a civile abitazione la prima cosa rilevante da considerare è che ai fini della loro validità il legislatore richiede la forma scritta. (Art. Art. 1 c. 4 L. 431/1998).

La Legge prevede varie tipologie di contratto per civile abitazione definendo espressamente sia la durata che, in alcuni casi, anche l’importo del canone di locazione.

I contratti di locazione ad uso abitativo più comuni sono:  

  • il c.d. 4+4 che prevede una durata minima di quattro anni rinnovabile automaticamente alla scadenza per ulteriori quattro anni a canone di locazione sostanzialmente libero
  • il c.d. 3+2 in cui il contratto ha una durata di tre anni rinnovabile la prima volta per altri 2 anni a canone di locazione convenzionato ovvero fissato nell’ambito di programmi ed accordi definiti dalle associazioni più rappresentative dei proprietari di immobili e degli inquilini per le varie zone cittadine.
  • Vi è poi la tipologia dei contratti di locazione temporanei che rispondo ad esigenze di occupazione temporanea dell’immobile  ed oggi stanno sempre più prendendo piede quelli aventi natura turistica.

Altra importante caratteristica dei contrati di locazione di immobili, è stata introdotta dall’art. 1 della L. 311 del 2004 a mente del quale “i contratti di locazione, o che comunque costituiscono diritti relativi di godimento, di unità immobiliari ovvero di loro porzioni, comunque stipulati, sono nulli se ricorrendone i presupposti non sono registrati”.

Naturalmente la registrazione del contratto di locazione immobiliare ha importanti risvolti di natura fiscale per cui la registrazione del contratto è obbligatoria, indipendentemente dall’importo del canone stabilito dalle parti, a meno che il contratto sia di durata inferiore a 30 giorni durante l’intero anno.

In tutti gli altri casi, la mancata registrazione del contratto espone all’applicazione di sanzioni per occultamento del canone e mancato versamento delle imposte di registro.

Inquadrato in senso molto generale il contratto di locazione occorre adesso verificare il rapporto tra contratto di locazione e condominio.

La prima cosa da dire è che, come noto, l’amministratore di condominio deve, a mente dell’art. 1130 c.c., tenere la c.d. anagrafe condominiale in cui sono indicati non solo i proprietari delle singole unità immobiliari ma anche gli occupanti ed in genere tutte le notizie inerenti la proprietà individuale e condominiale.

Ovvero più nello specifico “le generalità dei singoli proprietari e dei titolari di diritti reali e di diritti personali di godimento, comprensive del codice fiscale e della residenza o domicilio, i dati catastali di ciascuna unità immobiliare”

da questo punto di vista, quindi, oltre all’obbligo di comunicare eventuali successioni nella proprietà dell’unità immobiliare (in mancanza del quale non viene meno la solidarietà del condomino venditore uscente), la legge prevede espressamente che è fatto carico al locatore di provvedere alla registrazione nel termine perentorio di trenta giorni, dandone documentata comunicazione, nei successivi sessanta giorni, al conduttore ed all’amministratore del condominio, anche ai fini dell’ottemperanza agli obblighi di tenuta dell’anagrafe condominiale di cui all’articolo 1130 del codice civile”. (Legge di stabilità n. 208/2015 che ha modificato la L. 431/1998)

Ma cosa accade se tale comunicazione non è effettuata?

Ebbene è fatto obbligo all’amministratore di attivarsi al fine di ottenere i dati necessari ad ottemperare all’obbligo previsto dall’Art. 1130 c.c. addebitando i relativi costi al condomino proprietario.

Come abbiamo visto tale obbligo di comunicazione all’amministratore sussiste con riferimento alla avvenuta registrazione dello stesso per cui, in linea di principio non sussiste nel caso di affitti brevi (al di sotto di 30 giorni) o per finalità turistiche, pertanto, in tale caso, nessuna comunicazione deve essere rivolta all’amministratore di condominio.

Per completezza occorre comunque tener presente che la comunicazione dei dati anagrafici dei conduttori di affitti brevi deve essere effettuata alla Questura competente, così come previsto dal Testo Unico della Legge di Pubblica Sicurezza, che fa gravare l’obbligo sul locatore. Oltre agli obblighi di comunicazione che risalgono a tempi relativamente recenti altre questioni appaiono rilevanti nella gestione di un condominio in cui vi sono degli immobili locati.

Il primo importante effetto è che anche il conduttore, detenendo l’immobile, è assoggettato alla applicazione del regolamento condominiale e delle norme ivi previste. Ciò comporta la conseguenza che egli è il diretto responsabile delle conseguenti violazioni per cui l’amministratore potrà agire direttamente nei suoi confronti per far cessare comportamenti non consoni o comunque violativi delle norme fissate nel regolamento di condominio.

Tale situazione, però, non esclude la diretta responsabilità del proprietario dell’immobile locato, che rivestendo la qualità di condomino è il principale destinatario delle norme fissate dal Regolamento Condominiale.

Pertanto, nel caso in cui il conduttore dovesse reiteratamente violare il regolamento condominiale, il proprietario ha l’obbligo di intervenire per far cessare tali comportamenti.

Infatti, la Suprema Corte di Cassazione esclude una sua diretta responsabilità solo nel caso in cui dimostri di essersi prontamente attivato per far cessare tali comportamenti con una esplicita diffida e/o con l’avvio di un giudizio per la risoluzione del contratto di locazione. (Cass. 11859/2011 – Cass 11383/2006)

Se il proprietario dell’immobile, invece, rimane inerte, il suo comportamento potrà esser valutato come tacita accettazione della violazione del proprio conduttore e, per l’effetto, determinarne una sua diretta responsabilità in merito alle violazioni del regolamento condominiale.

Il che porta con sé come corollario l’obbligo per l’amministrare di segnalare tempestivamente anche al proprietario dell’immobile la violazione del regolamento condominiale posta in essere dal proprio conduttore.

Altro aspetto rilevante è quello della partecipazione alle spese condominiali.

Importante sotto tale profilo è l’Art. 9 della L. 392/1978 “Sono interamente a carico del conduttore, salvo patto contrario, le spese relative al servizio di pulizia, al funzionamento e all’ordinaria manutenzione dell’ascensore, alla fornitura dell’acqua, dell’energia elettrica, del riscaldamento e del condizionamento dell’aria, allo spurgo dei pozzi neri e delle latrine, nonché alla fornitura di altri servizi comuni. Le spese per il servizio di portineria sono a carico del conduttore nella misura del 90 per cento, salvo che le parti abbiano convenuto una misura inferiore. Il pagamento deve avvenire entro due mesi dalla richiesta. Prima di effettuare il pagamento il conduttore ha diritto di ottenere l’indicazione specifica delle spese di cui ai commi precedenti con la menzione dei criteri di ripartizione. Il conduttore ha inoltre diritto di prendere visione dei documenti giustificativi delle spese effettuate”.

La prima cosa da sottolineare è che l’indicata norma è di natura convenzionale e può essere derogata in tutto o in parte dal contenuto del contratto di locazione. Può accadere, per esempio, che le spese di condominio siano incluse nella locazione o fissate in via forfettaria dalle parti del contratto.

Ciò detto, però si può ragionevolmente dire che le spese inerenti il godimento delle cose comuni gravano sul conduttore mentre quelle afferenti la tutela della proprietà in generale sono di competenza del proprietario locatore condomino.

Ciò evidenziato però occorre precisare che il rapporto di natura obbligatoria non intercorre con il conduttore ma con il condomino locatore. Sarà quest’ultimo a dover essere convocato in assemblea e sarà quest’ultimo a dover ricevere gli atti e documenti condominiali ivi compresa la rendicontazione di fine anno.

Pur tuttavia la legge prevede espressamente il caso in cui il conduttore debba essere necessariamente convocato in assemblea.

Infatti, l’art. 10 della L. 392/1978 prevede espressamente che “Il conduttore ha diritto di voto, in luogo del proprietario dell’appartamento locatogli, nelle delibere dell’assemblea condominiale relative alle spese e alle modalità di gestione dei servizi di riscaldamento e di condizionamento d’aria. Egli ha inoltre diritto di intervenire, senza diritto di voto, sulle delibere relative alla modificazione degli altri servizi comuni”.

Alla luce della citata normativa, l’amministratore dovrà convocare in assemblea anche i conduttori degli immobili soprattutto ove si consideri la recente riforma di settore ha sostituito il concetto di “condomini” a quello più ampio di “aventi diritto” negli art. 1136 c.c. e 66 disp. Att. c.c.  che prevedono le norme di valida costituzione dell’assemblea (L’assemblea non può deliberare, se non consta che tutti gli aventi diritto sono stati regolarmente convocati – In caso di omessa, tardiva o incompleta convocazione degli aventi diritto, la deliberazione assembleare è annullabile ai sensi dell’articolo 1137 del codice su istanza dei dissenzienti o assenti perché non ritualmente convocati.)

Deve però evidenziarsi come per la giurisprudenza di legittimità la legge si è limitata a stabilire un meccanismo per consentire la partecipazione del conduttore alle assemblee condominiali, ma deve escludersi che i conduttori possano sostituirsi al locatore nella gestione dei servizi condominiali (Cass. Sez. III, 3 agosto 1995, n. 8484).

Cosa accade però se il conduttore non paga gli oneri condominiali?

Il complesso reticolo normativo tra Locazione e norme condominiali ci fanno concludere che sarà sempre il proprietario a ricevere diffide o ingiunzioni di pagamento, e solo in un secondo momento potrà rivalersi sul conduttore.

Pertanto, se un conduttore non paga gli oneri condominiali sarà il proprietario di casa ad essere ritenuto responsabile nei confronti del condominio, e al proprietario verrà notificato il decreto ingiuntivo per il mancato pagamento. Il proprietario dovrà saldare le spese e solo dopo potrà esercitare il diritto di rivalsa sull’inquilino del suo immobile.

Il mancato pagamento degli oneri condominiali è una delle possibili cause di risoluzione del contratto di locazione, mediante lo sfratto per morosità, quando sussiste un ritardo di oltre 60 giorni dalla richiesta di regolarizzazione e l’importo complessivo degli oneri condominiali non versati sia superiore a due mensilità del canone di locazione. (Art. 5 L. 392/1998)

Quindi l’amministratore di condominio, di fronte alla morosità di un inquilino, potrà agire solo nei confronti del proprietario di casa, che a sua volta dovrà prima regolarizzare la sua posizione con il condominio e poi prendere provvedimenti con l’inquilino moroso.

Il debito del proprietario di casa verso il condominio cade in prescrizione in cinque anni per i canoni ordinari e i loro conguagli, e in dieci anni per le spese straordinarie.

La normativa in materia di locazione ed i rapporti tra questa e la disciplina in materia di condominio trova una diversa e specifica regolamentazione allorquando ci troviamo dinanzi alle c.d. autogestioni degli immobili in Edilizia popolare.

Fatta la doverosa premessa che quella della edilizia popolare è materia di legislazione regionale, affronteremo nel dettaglio la legislazione della Regione Puglia in ultimo fissata con L.R. 10 del 07.04.2014 che ha abrogato, sostituendola, la precedente L.R. 54/84.

Prima di verificare le singole norme di funzionamento dobbiamo definire il concetto di autogestione.

L’autogestione è un Ente di gestione, al pari del condominio, privo di personalità giuridica, in cui gli inquilini delle unità immobiliari facenti parte di un complesso edilizio appartenente ad un unico proprietario pubblico, si attivano per amministrare direttamente i servizi comuni condominiali.

L’attività di amministrazione è analoga a quella prevista dal Legislatore in materia di condominio prevedendo una assemblea generale degli autogestiti, un amministratore che provvedere alla gestione diretta dell’ente ed alla rendicontazione delle spese analogamente, per l’appunto, a quanto avviene in materia di condominio.

La Materia è particolarmente complessa e merita adeguata attenzione.

Diciamo che il funzionamento concreto di tali Enti di Gestione non differisce da quello tipico che vediamo all’interno del condominio, per cui l’assemblea degli autogestiti, regolarmente convocata, delibera sulla base di specifici criteri di computo delle maggioranze (che possono anche essere rappresentati dai millesimi) e l’amministratore dà esecuzione alle deliberazioni con responsabilità analoghe a quelle che riscontriamo nella normativa condominiale.

Le questioni più particolari, in tali contesti, afferiscono ai rapporti economici che si tessono all’interno dell’autogestione – con i soggetti terzi e con l’ente proprietario dell’immobile.

Con riferimento ai rapporti con soggetti terzi una recente decisione del Supremo Collegio ha affermato che “l’amministratore dell’Autogestione, nominato dall’assemblea degli assegnatari e non dall’Ente Gestore, non è un rappresentante di tutti i proprietari delle unità immobiliari del fabbricato (come l’amministratore del condominio), ma un rappresentante dei soli assegnatari.

Ne consegue che si potrà al più ritenere che i singoli assegnatari siano (come i singoli condòmini per le obbligazioni contratte dall’amministratore del condominio) obbligati pro quota per le obbligazioni contratte dall’amministratore dell’Autogestione, ma non certo che lo sia, per queste ultime, l’Ente gestore, che non partecipa all’Autogestione e non è rappresentata dal relativo amministratore, che non concorre neanche a nominare”.

Ciò significa che, nei rapporti con i terzi, per esempio dei fornitori, l’amministratore agisce in un rapporto di mandato diretto con gli assegnatari i quali ultimi sono i destinatari delle relative obbligazioni pro quota e, aggiungo io, con vincolo di solidarietà passiva.

Ciò significa, in concreto che, l’ente proprietario degli immobili non sarà responsabile verso i terzi dei contratti e delle obbligazioni assunte dall’amministratore delle autogestioni nell’interesse dell’autogestione stessa.

I problemi interpretativi più significativi, invece, attengono ai rapporti interni tra autogestiti – autogestione ed ente proprietario degli immobili.

Da questo punto di vista una lettura dell’Art. 35 della L.R. Puglia 10/2014 ci aiuta a comprendere la complessità dell’argomento affrontato:

“Art. 35 L.R. Puglia n. 10/2014 – Modalità di autogestione dei servizi

1. Fino al momento dell’effettivo funzionamento delle autogestioni, gli assegnatari rimborsano agli enti gestori i costi diretti e indiretti dei servizi erogati con acconti mensili e conguagli annuali su rendiconto redatto dall’ente, che deve essere presentato nel termine massimo di centottanta giorni.

2. L’ente gestore, qualora l’autogestione non vi provveda direttamente, addebita – in base ai dati forniti dalle autogestioni medesime – sulle bolle di riscossione del canone di locazione degli assegnatari interessati le quote relative ai servizi accessori, effettuando i relativi versamenti alle autogestioni.

3. Gli assegnatari che nei confronti dell’autogestione si rendano morosi nel pagamento delle quote relative ai servizi accessori pari a due mensilità del canone sono considerati a tutti gli effetti inadempienti agli obblighi derivanti dal contratto di locazione. Per gli assegnatari ricadenti nelle fasce di reddito di cui all’articolo 30, lettere a), b) e c), l’ente gestore versa all’amministratore condominiale e/o al responsabile delle autogestioni le quote insolute e procede nei confronti di detti assegnatari per il recupero di quanto anticipato. Contestualmente l’ente gestore procede nei confronti dell’assegnatario moroso all’avvio della procedura di sfratto. Nel caso l’inquilino non rientri nelle fasce di reddito sopra indicate, l’ente deve procedere immediatamente alla procedura di sfratto e, nel caso ciò avvenga senza recupero di alcuna somma, versa all’autogestione le quote rimaste insolute relative ai servizi accessori gestiti da essa. Ove l’inquilino, nella procedura di sfratto, richieda la rateizzazione dei servizi accessori questa dovrà essere concordata con l’amministratore o responsabile dell’autogestione.

4. La Giunta regionale, entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sentite le organizzazioni sindacali degli inquilini e assegnatari presenti sul territorio, approva il regolamento-tipo per la costituzione e il funzionamento delle autogestioni, la rendicontazione delle spese accessorie, la ripartizione degli oneri fra ente gestore e assegnatari, il riparto delle spese fra gli utenti, l’autogestione della manutenzione.

5. è facoltà dell’ente gestore, sulla base del regolamento di cui al comma 4, estendere l’autogestione alla manutenzione straordinaria e ordinaria, secondo forme parziali o totali, accreditando agli organi dell’autogestione un’aliquota della quota destinata annualmente alla manutenzione il cui campo di variazione è definito da detto regolamento.”

La Legge Regionale disciplina nel dettaglio l’ipotesi in cui l’autogestito sia moroso degli oneri accessori prevedendo due diverse procedure in base al reddito dell’autogestito.

Se la morosità degli oneri di gestione, superiore ad almeno due mensilità, riguarda un autogestito con reddito, per semplificare, non superiore alla pensione minima, l’ente proprietario degli immobili procederà all’immediato versamento all’autogestione degli oneri di gestione non pagati ed avvierà le procedure di recupero coattivo delle somme e della procedura di sfratto nei confronti dell’autogestito.

Se invece l’inquilino moroso ha un reddito superiore ai limiti fissati dalla Legge l’ente proprietario avvia immediatamente le procedure di sfratto e solo qualora dalla procedura di sfratto non recuperi gli oneri di gestione verserà all’autogestione le relative coperture economiche rimaste insolute.

In aggiunta alla indicata normativa, che definisce il quadro legislativo, con Delibera Di Giunta Regionale N° 685 Del 09/05/2017 – Pubblicata Sul Burp N.59 Del 23/05/2017 la Regione Puglia ha approvato il REGOLAMENTO PER L’AUTOGESTIONE DEI SERVIZI COMUNI DA PARTE DEGLI ASSEGNATARI DI ALLOGGI DI E.R.P. E SOCIALE che, evidentemente, è parte essenziale e sostanziale del rapporto di aggiudicazione degli alloggi in edilizia popolare.

In tale regolamento la questione della morosità degli autogestiti è affrontata dall’art. 19 che definisce operativamente l’attività da porre in essere per il recupero delle morosità dei servizi di autogestione.

Art. 19 Gli assegnatari sono tenuti al pagamento delle quote per il funzionamento dell’autogestione nelle forme deliberate dall’assemblea ed alle scadenze fissate.

Decorsi inutilmente dieci giorni da tale termine il responsabile dell’autogestione diffida l’assegnatario ad effettuare, entro un termine perentorio, il versamento delle quote insolute.

In caso di inottemperanza relativa al pagamento di due mensilità il responsabile dell’autogestione trasmette all’Ente gestore tutta la documentazione relativa specificando l’entità delle somme dovute dall’assegnatario e le spese occorse.

Gli assegnatari che nei confronti dell’autogestione si rendano morosi nel pagamento delle quote relative ai servizi accessori sono considerati a tutti gli effetti inadempienti agli obblighi derivanti dai contratti di locazione.

L’Ente gestore invita l’assegnatario moroso al pagamento di quanto dovuto nel termine di quindici giorni.

In caso di mancato versamento, l’Ente gestore anticipa al responsabile dell’autogestione le somme dovute e procede al recupero coattivo delle stesse nei confronti dell’assegnatario moroso e alla adozione di ogni altro provvedimento e azione di sua competenza

Ciò significa che nel caso in cui sussista una persistente morosità dell’inquilino la procedura del recupero di tale morosità è del tutto differente rispetto a quella che abbiamo visto nei confronti dell’inquilino di un condominio per cui l’azione da parte dell’amministratore non andrà rivolta verso l’ente proprietario dell’immobile se non dopo l’effettuazione dell’attività necessaria al recupero diretto verso l’inquilino autogestito moroso.

La concreta applicazione di tali normativa farraginosa e poco organica rende evidente come, per specifica disposizione legislativa e regolamentare, l’amministrazione di una autogestione appare economicamente complicata dalla oggettiva difficoltà di recupero delle somme da parte dei morosi (appartenenti per di più solitamente alle fasce economicamente più deboli della popolazione) e dalle difficoltà burocratiche frapposte dalla legge per il successivo versamento delle somme da parte dell’Ente Proprietario.

Infine, appare opportuno notare come l’art. 33 della stessa L.R. Puglia prevede l’istituzione di un fondo sociale che, al netto di tutti i discorsi sin qui fatti, dovrebbe in concreto servire alla copertura sia del canone di locazione che dei costi dei servizi per cui la copertura delle morosità potrebbe e dovrebbe trovare adeguata copertura proprio attraverso l’utilizzo di tale fondo sociale, gestito sempre dall’ente Proprietario degli immobili in Edilizia Popolare.

Diversa ipotesi è quella di immobili in cui al fianco di unità immobiliari in proprietà esclusiva privata esistono appartamenti di proprietà degli enti pubblici di Edilizia residenziale Pubblica.

In questi casi, la normativa applicabile è quella canonica del condominio. Ciò vuol dire che gli inquilini dovranno essere considerati come semplici conduttori degli immobili analogamente a quanto previsto dalle norme privatistiche e conseguentemente le spese di gestione condominiale, potranno essere richieste interamente all’ente proprietario.


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